03 novembre 2005

UTOPIA


Se agli inizi degli anni '80 si fosse ipotizzato uno scenario futuro per Roma, di certo avremmo avuto delle immagini che, a distanza di circa un ventennio, ci sarebbero apparse fuori della realtà, d'aspetto decadentista e pervase da quell'idea di “internazionalismo”, inteso come puro “colonialismo materialista”, tipico di quegli anni.
Immagini tratte da FRIGIDAIRE - disegni di T. Liberatore

Del resto la letteratura (Roberto Vacca - “Il medioevo prossimo venturo”), il cinema (BLADE RUNNER) e, in genere, tutte le nuove espressioni artistiche ci riportavano ad un’immagine del futuro “senza passato” ovvero di un futuro dove l’internazionalismo, che oggi potremmo chiamare globalizzazione, prevaricava ogni forma e carattere del “locale”. In parole povere erano gli anni del “modello Amerikano”.


Fortunatamente il tempo non ha dato ragione alle previsioni e oggi ci accorgiamo che nulla, o quasi, è cambiato nella città e negli stessi uomini che ancora oggi si chiedono:
quale sarà lo scenario futuro?
Allora viene da pensare che forse non basta cambiare la terminologia (globalizzazione invece d'internazionalismo, ecc.) ma bisogna cambiare la metodologia d'approccio al “problema futuro” (problema in quanto incognito) cominciando a chiederci :
quale scenario futuro vorrei che si realizzasse ?


Vista attuale del Lungotevere e di Castel S.Angelo da ponte Vittorio Emanuele II

perciò, prende forma una nuova visione della città (o meglio dei “luoghi”) dove l’uomo, inteso sia come attore sia come fruitore, non subirà le innovazioni, ma le gestirà adattandole allo specifico locale. Le nuove suggestioni architettoniche romane, quindi, potranno fondarsi, non su una “globalizzazione selvaggia”, intesa come sterile colonizzazione di mercato, ma sulla fusione degli elementi storico-ambientali con le strutture di una città moderna. In altre parole l’immagine della “città di domani” potrà essere costruita sulla convivenza e l’integrazione del globale con il locale, avendo la possibilità di poter proporre la validità di una città storica e d’arte, non stretta e vincolata dal passato, ma spinta verso la soluzione delle nuove problematiche che, data l’ampia diffusione della comunicazione di massa, renderanno necessaria una diversa chiave di lettura e fruizione.

IL NUOVO TEVERE
Vista virtuale del Lungotevere e di Castel S.Angelo da ponte Vittorio Emanuele II




Il progetto esposto illustra la possibilità di restituire una visione esterna della città storica “simile” a come era stata pensata e realizzata (esigenza locale), localizzando le “nuove” strutture (globalizzazione) in uno spazio “perduto”, o meglio non proprio della città. Si ottiene così una nuova chiave di lettura del territorio ottimizzando la fruizione dello stesso.